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Fratelli si diventa, il dossier che analizza le dinamiche della fraternità nel «Messaggero di sant’Antonio» di novembre
L’approfondimento sulla salute del pianeta in vista della Cop26 sui cambiamenti climatici, il fotoreportage dalla Sierra Madre dove si muore di tubercolosi, l’integrazione a tavola del kebabbaro di Palermo, le storie di clausura a teatro
È il toccante disegno realizzato da un bambino di una scuola d’infanzia la copertina del «Messaggero di sant’Antonio» di novembre, che introduce oltre al nuovo numero anche il dossier del mese “Fratelli si diventa” di Nicoletta Masetto, dedicato al complesso, e spesso contraddittorio, rapporto tra fratelli.
Il dossier infatti analizza che cosa significa essere fratelli e quali dinamiche sono alla base di una delle relazioni affettive più importanti per la crescita umana. Infatti, il fratello o la sorella sono il primo «diverso da noi» nella nostra vita, l’inizio di un percorso di comprensione e accoglienza dell’altro. La fraternità non è mai una strada facile: fratelli di sangue si nasce, fratello «prossimo» si sceglie di diventarlo. A narrare per primo della necessità del conflitto e del bisogno di incontrare, già nel proprio fratello, il diverso da sé, è un editor di eccezione: la Bibbia, dove spesso i rapporti tra fratelli sono tutto fuorché idilliaci. Non una contraddizione, visto che la Parola non parte dalla soluzione, bensì fa il percorso inverso: ci conduce a essa partendo dal conflitto. Che «Fratelli» sia una parola forte lo ha detto anche papa Francesco, che non a caso l’ha scelta come titolo dell’enciclica Fratelli tutti, pubblicata giusto un anno fa nel mezzo della pandemia e che di fraternità parla sin dalle prime righe.
Gli occhi del mondo, a novembre, saranno puntati verso Glasgow, in Scozia, dove si tiene la cosiddetta Cop26, ovvero la conferenza globale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, di cui l’Italia è co-organizzatrice. La pandemia l’ha fatta slittare di un anno, ma i temi sul tavolo restano gli stessi, e tutti «scottanti». Ne scrive Stefano Marchetti in “Il mondo ha la febbre”. Ma se il mondo ha la febbre, che cosa stiamo realmente facendo per curarlo? Fermare il riscaldamento globale, rispettare la Terra, comprendere che l’ambiente è la nostra prima casa sono impegni consegnati alla responsabilità di tutti, a partire da ciascuno di noi.
Esondazioni, tempeste, siccità stanno minando l’equilibrio del pianeta e mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di città uniche come Venezia. Perché accade? Di chi è la responsabilità? Nell’intervista “Attenti all’acqua” di Maria Giovanna Romanelli a Luigi D’Alpaos, il parere dell’esperto di ingegneria idraulica e idrodinamica, professore emerito dell’Università di Padova, a quasi due anni da quel drammatico 12 novembre che mise Venezia in ginocchio, sommersa dall’«Acqua Granda».
Nelle pagine di cultura, “Tutte le nostre grate” di Sabina Fadel è dedicato al monologo sul tema della clausura Grate, scritto da Gianni Biondillo e portato in scena da Chiara Stoppa con la regia di Francesco Frongia (una produzione Teatro Atir Ringhiera, dal 30 novembre al 5 dicembre all’Elfo Puccini di Milano). Nella pièce, l’attrice, che veste i panni di tre immaginarie clarisse del monastero di Santa Chiara, a Gorla, quartiere a nord di Milano, ricorda anche il tragico bombardamento alleato che il 20 ottobre 1944 causò la morte di 184 bambini della locale scuola elementare.
Tra le storie di vita da segnalare quella raccontata in “Kebab, pizza e cannoli” da Stefania Di Pietro, con protagonista Mounir Bouzouita, gestore a Palermo di un piccolo locale che non è una semplice kebabberia, ma l’unione tra culture resa sapore, attenzione, gentilezza. Qui la diversità è gusto per la vita e l’amicizia è l’ingrediente segreto di ogni piatto. Di questo «kebabbaro» siculo-tunisino, «adottato» dalla comunità palermitana, i più giovani dicono: «Mounir è un grande, non solo per il suo lavoro ma come uomo. Con lui si cancella ogni razzismo». Ed è una delle cose più belle che una persona si possa sentir dire.
“I nativi della Sierra Madre” è il reportage della giornalista messicana Patricia Mayorga, con il fotografo Nicola Ókin Frioli, dedicato alle popolazioni indigene della Sierra Madre Occidentale, nel nord del Messico. Comunità poverissime, che vivono in un territorio reso ostile dai cambiamenti climatici, che ancora oggi vengono falcidiate da tubercolosi e dalla violenza di alcuni cartelli del narcotraffico. Eppure hanno saputo mantenere una religiosità semplice ma profonda, che li aiuta ad affrontare ogni giorno la dura lotta per la sopravvivenza.
Da segnalare infine le pagine dedicate al progetto “Antonio 20-22”, che da gennaio ripercorre i passi compiuti ottocento anni fa da Antonio. A novembre fa tappa in Veneto, regione a cui è associato il tema della pietà popolare. A introdurre lo speciale di 12 pagine l’articolo “A chi tocca, tocca” del direttore fra Fabio Scarsato. L’articolo di Sabina Fadel “Venezia. In cammino con Maria” è dedicato al pellegrinaggio a piedi che ogni anno, la sera del 20 novembre, vigilia della festa della Madonna della Salute, i giovani del patriarcato veneziano compiono per vivere il loro personale atto di affidamento alla Madonna. In “Benvenuti alla casachiesa”, Giulia Cananzi presenta il progetto di Caritas Sant’Antonio di questo mese, che beneficerà una comunità di Facen di Pedavena (BL) per ragazzi in difficoltà e persone con disabilità, un’esperienza ecclesiale tra le più interessanti e innovative. Focalizzati sul tema della pietà popolare sono anche gli articoli di fra Danilo Salezze e di Sabina Fadel: il primo dedicato ai Sermoni di Antonio (“L'olio che unge e illumina”) e il secondo (“Il luogo più amato”) dedicato alla Tomba del Santo, luogo di devozione e pietà popolare per antonomasia, frequentato da devoti di tutto il mondo.
Il sommario del mese dal 1° novembre sul sito del «Messaggero di sant’Antonio»