
Veneranda Arca di sant'Antonio | ComunicatoStampa
La Fondazione Cariparo sostiene due progetti a favore della Biblioteca Antoniana del Santo
300.000 euro per il restauro della Biblioteca Antoniana di Padova e 40.000 euro per la catalogazione del patrimonio librario della biblioteca
Valorizzare e tutelare il patrimonio storico artistico locale e rendere accessibile a un pubblico sempre più ampio i tanti capolavori presenti sul territorio: sono questi gli obiettivi alla base di due importanti interventi, promossi dalla Veneranda Arca di Sant’Antonio, a favore del complesso della Basilica di Sant’Antonio di Padova, che verranno realizzati anche grazie al sostegno della Fondazione Cariparo.
La Fondazione contribuirà con 300.000 euro, al restauro delle decorazioni pittoriche che adornano il Salone Settecentesco della Pontificia Biblioteca Antoniana, e all’adeguamento degli ambienti attraverso l’installazione di impianti di illuminazione e di climatizzazione. La biblioteca, risalente al XIII secolo, custodisce 90.000 volumi a stampa e 828 manoscritti di grande valore storico artistico, che al momento non sono accessibili al pubblico.
Il complesso, oltre a essere messo a norma, diventerà così accessibile a visitatori e studiosi e sarà adeguato per la corretta conservazione dei volumi e dei dipinti ospitati negli ambienti. La Fondazione darà anche un contributo di 40.000 euro per la prima annualità di un progetto triennale di catalogazione e inventariazione del patrimonio librario a stampa della biblioteca.
Le foto sono utilizzabili con citazione del credit fotografico:
foto BIBLIOTECA ANTONIANA, SALONE PRINCIPALE, credit Giorgio Deganello - Archivio MSA
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Restaurati ed esposti al Museo Antoniano i tessuti antichi provenienti dalle tombe Gattamelata al Santo
Dopo il restauro, con il contributo del Lions Club Padova Carraresi, tornano per la prima volta fruibili al pubblico gli unici tessili del XV secolo ritrovati nella città di Padova
Sono tornati all’antico splendore i rari e preziosi frammenti di seta del XV secolo rinvenuti nelle sepolture Gattamelata in Basilica del Santo a Padova. Ultimato il restauro, che ha permesso di ricostruire un ampio frammento e il giro manica di una veste femminile, i tessili da oggi sono esposti al pubblico nel Museo Antoniano, restituendo questi beni di notevole interesse storico alla collettività. Sono infatti gli unici esempi di stoffe di lusso e di ambito profano del XV secolo ritrovati e disponibili a Padova. Un unicum dunque nella città del Santo, reso ancora più speciale dalla generale scarsezza di questo tipo di reperti.
Il progetto di restauro e valorizzazione dei preziosi frammenti tessili, iniziato lo scorso anno, si completa così con l’esposizione nel Museo Antoniano, dove, d’intesa con il direttore Leopoldo Saracini, i frammenti sono stati collocati in una teca, appositamente realizzata dalla ditta Arterìa con caratteristiche tecniche atte a mantenere stabilizzati i tessuti nelle condizioni attuali.
IL PROGETTO - Il progetto è stato promosso dal Lions Club Padova Carraresi per onorare la memoria della socia Gabriella Degan Salvò, che tanto si è spesa a favore della Città di Padova, e ha visto il coinvolgimento della Pontificia Biblioteca Antoniana, sotto la supervisione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. Iniziato dal precedente Collegio di Presidenza della Veneranda Arca, guidato dall’allora Presidente Capo Gianni Berno, ha ricevuto il sostegno della Fondazione dei Club Lions del Distretto 108 Ta3 ed è stato realizzato grazie alla generosità di privati (Nastrificio Victor SPA, Primarete Viaggi e Vacanze, Sette Gioielli, Ersilia Bertazzo, Ivana Zuin e Alfredo Mazzon).
La responsabilità scientifica del progetto è stata condivisa, per le rispettive competenze, tra le professoresse Giovanna Baldissin Molli, del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, e Gabriella Salviulo, del Dipartimento di Geoscienze del medesimo ateneo e Presidente del LC Padova Carraresi per l’anno sociale 2015-2016. Partecipano allo studio dei tessili, ancora in corso, Doretta Davanzo Poli, esperta di tessuti antichi, e la storica padovana Ornella Tommasi. Il restauro è stato effettuato da Anna Passarella.
I REPERTI - Rinvenuti in modo casuale, nel corso degli anni venti del Novecento, durante il rifacimento della Cappella Gattamelata, oggi denominata Cappella del Santissimo Sacramento, i frammenti tessili erano stati messi al sicuro nella Biblioteca Antoniana, ma fino al recente progetto della Veneranda Arca non erano mai stati studiati.
Sotto il profilo dei materiali, i reperti sono composti da circa quaranta frammenti, di diverse qualità tessili:
1) 27 frammenti in seta operata di colore rame e broccature in filato o lamina metallica in argento dorato o oro;
2) galloni realizzati a telaio in seta gialla e filato metallico dorato alto 2 centimetri (i galloni sono cuciti ad alcuni frammenti tessili broccati, lungo i bordi);
3) 3 pezzi di cordoncino a treccia in filato metallico;
4) 4 frammenti di tessuto in lana marrone ad armatura diagonale;
5) 6 frammenti di tela in seta color bronzo.
In alcuni frammenti sono visibili cuciture di giunzione e di arricciatura (forse frammenti di manica, bustino o cuffia), un reperto è tridimensionale. I frammenti a tinta unita appartengono probabilmente alla fodera dei frammenti in seta operata. Tutti i tessili infine presentano contorni molto frastagliati con deformazioni e pieghe secche molto delineate.
LE ANALISI CHIMICO-FISICHE - Prima di iniziare il restauro vero e proprio, i frammenti tessili sono stati oggetto di una campagna fotografica e aspirati tramite microaspiratore ad ago munito di filtro per la raccolta delle polveri, destinate alle analisi chimico fisiche realizzate dal Dipartimento di Geoscienze. I materiali recuperati dai filtri di aspirazione dei tessili sono in corso di studio con le metodologie proprie delle analisi mineralogiche (microscopia ottica, diffrazione dei raggi x su polveri, microscopia elettronica a scansione) al fine di determinarne l'aspetto, la natura, la morfologia e, laddove necessario, la composizione chimica.
LA DATAZIONE CRONOLOGICA - I risultati delle analisi daranno un contributo importante alla comprensione di questi frammenti, che potrebbero essere più antichi della data di costruzione della Cappella Gattamelata. Potrebbero appartenere dunque a vesti che erano conservate e usate nella famiglia da più di una generazione, come normalmente accadeva per gli abiti e, soprattutto, per gli abiti di pregio. Tra le ipotesi di datazione cronologica al vaglio dei ricercatori vi è l’inizio del Quattrocento. Lo confermerebbe la particolare decorazione riportata in evidenza proprio grazie al restauro dei tessuti.
Il reperto tessile di maggiori dimensioni (tecnicamente definibile raso irregolare liseré lanciato) è ottenuto con ordito e trama di seta gialla, e risulta operato, cioè decorato da slegature della trama di fondo e della trama lanciata d’argento dorato lamellare. Tale disegno è costituito da sequenze orizzontali di due esilissimi tralci perlinati disposti a voluta speculare con fior di cardo centrale. I tralci che fuoriescono da un cuoricino sono separati da un minuscolo garofano e concatenati a scacchiera a maglie cuoriformi con rosetta.
Tessuti molto similari dal punto di vista decorativo sono conservati nei più importanti musei tessili europei (Bruxelles, Krefeld, Lione, Castello Sforzesco a Milano, Correr di Venezia) e internazionali (Metropolitan Museum di New York).
Sappiamo che nella cappella furono inumate almeno tre donne appartenenti alla famiglia del condottiero Erasmo Da Narni, detto il Gattamelata: Giacoma da Leonessa, che muore tra l’8 giugno 1465 e il 14 settembre 1466; Caterina, figlia naturale di Giovanni Antonio Gattamelata, e quindi nipote di Giacoma, morta probabilmente di parto alla fine del 1476; e un’altra Giacoma, figlia naturale di Gentile da Leonessa (parente della prima Giacoma) e compagno d’armi di Erasmo, che probabilmente muore nei primi anni del Cinquecento. La possibilità di retrodatare i tessili grazie al particolare motivo decorativo che li caratterizza, potrebbe essere un indizio per credere che essi provengano dalla sepoltura più antica, quella cioè di Giacoma da Leonessa, vedova di Erasmo Da Narni.
IL RESTAURO - Per quanto riguardo l’intervento di restauro, dopo la dettagliata campagna fotografica dello stato di fatto, per poter ridare elasticità alle fibre i tessili, posati su piani rivestiti con melinex e materiale assorbente, sono stati vaporizzati tramite vaporizzatore a ultrasuoni e acqua deionizzata. Questa fase è stata eseguita in un ambiente appositamente predisposto, con tempi variabili secondo la necessità.
I tessili sono stati posati uno a uno con l’interposizione di tessuto non tessuto “Bondina” su un tavolo aspirante. Sempre tramite vaporizzazione le fibre sono state delicatamente stese per ridare la giusta ortogonalità al tessuto.
Durante questa fase con l’ausilio del tavolo aspirante e il tamponamento della superficie, sempre protetta dal tessuto non tessuto, si sono asportate ulteriori tracce di sporco. Terminata la distensione sono stati eseguiti grafici dove indicare punti d’interesse come cuciture, cimose, pieghe di confezionamento, orli e motivo decorativo, da utilizzare per l’ipotesi di ricostruzione dei vari frammenti.
Vista la delicatezza dei frammenti, per la fase di consolidamento si è intervenuto con la tecnica a “sandwich”: il tessuto originale è stato posto tra due veli di crepelina in seta, appositamente tinta in una tonalità simile all’originale con coloranti chimici.
Nel corso del restauro 17 frammenti sono stati ricomposti in un unico grande “pannello” di cm. 115 x 82; altri sono stati consolidati con la medesima tecnica, ma singolarmente, così come un frammento tridimensionale, forse manica dell’abito.
LA STORIA - Sotto il profilo storico è innegabile il notevole interesse che rivestono questi frammenti tessili. Costituiscono infatti l’occasione per riportare l’attenzione sulla Cappella Gattamelata, voluta e fatta decorare da Giacoma da Leonessa, vedova del condottiero Erasmo Da Narni, per seppellirvi il marito e il figlio Giovanni Antonio. Appartengono dunque a un potente clan particolarmente influente nella città e soprattutto nella basilica del Santo, in cui i Gattamelata, a partire dalla metà del Quattrocento, ebbero un ruolo di finanziatori e donatori in diverse iniziative artistiche, intrecciando le vicende della loro famiglia con quelle del santuario antoniano. Le due tombe, rispettivamente sulla parete di sinistra rispetto a chi guarda (il padre) e di destra (il figlio), sono la sola parte superstite quattrocentesca della cappella.
Va inoltre ricordato che i Gattamelata si imparentarono strettamente con i Lion, clan sempre al centro dell’azione politica, militare ed economica di Padova. Questa seconda famiglia era impegnata nel mercato del credito e della finanza, del commercio dei manufatti in lana e in seta, oltre che in quello dei broccati in oro tra Padova, Venezia, Lucca e Firenze. La rete di alleanza familiare stabilita con i matrimoni tra i due clan determinò il radicamento dei membri della famiglia dei Gattamelata - Dalla Leonessa tra i ranghi più alti della élite cittadina.
FOTO da utilizzare con cortese preghiera di citazione dei credit fotografici: foto ©Veneranda Arca di S. Antonio
APPROFONDIMENTI:
Avvio del progetto di restauro (giugno 2016) – Cartella stampa Tombe Gattamelata al Santo: la riscoperta di frammenti tessili del XV e XVI secolo e l’avvio del progetto di restauro dei tessuti con il contributo del Lions Club Padova Carraresi: http://areastampa.messaggerosantantonio.it/content/tombe-gattamelata-al-santo-la-riscoperta-di-frammenti-tessili-del-xv-e-xvi-secolo-e-lavvio-0
Foto dei frammenti prima del restauro (giugno 2016) disponibili sul sito della Veneranda Arca al link: http://www.arcadelsanto.org/ita/pagina.asp?id=118&t=pagine
CONTATTI PER LA STAMPA
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Messaggero di sant'Antonio Editrice | ComunicatoStampa
"Sante, colte e coraggiose", alla scoperta delle figure femminili nella Basilica di Sant’Antonio
Visite guidate gratuite su prenotazione l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna
“Sante, colte e coraggiose”. Si intitola così un particolare percorso di visite guidate gratuite alla scoperta delle figure femminili nel santuario antoniano che il Messaggero di Sant’Antonio Editrice, in collaborazione con la Basilica del Santo e la Veneranda Arca di Sant’Antonio, proporrà in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna. Partendo dalla figura della Madonna, in particolare la Madonna Mora, in tre turni di visita, alle 11.30, 14.30 e 17.30, si conosceranno quelle donne, sante o laiche, che hanno trovato sepoltura o memoria eterna al Santo di Padova.
La stessa sepoltura nel santuario era un onore riservato quasi esclusivamente agli uomini. Solo poche donne hanno potuto godere di un così grande privilegio e per molte di loro oltre, al lustro del casato di appartenenza, hanno giocato un ruolo importante le doti o le virtù manifestate in vita.
I frati del Messaggero e della Basilica, in sinergia con la Veneranda Arca, hanno inteso così riproporre, in chiave artistica e devozionale, l’attenzione avuta da sant’Antonio per le donne che, come i bambini, erano allora i soggetti più deboli della società, e che, troppo spesso, lo sono anche oggi. Un’attenzione che si ritrova nei miracoli del Santo, molte volte andato in soccorso di donne, come la madre disperata per la morte del piccolo Tommasino, riportato in vita da Antonio, la ragazza annegata o la moglie che il marito crede adultera. In quest’ultimo caso, che ricorda purtroppo molti fatti di cronaca recente, l’uomo, convinto del tradimento della consorte, la picchia e le strappa i capelli, lasciandola moribonda. Lei invoca il Santo, che la salva e le riattacca i capelli, un gesto simbolico con cui le ridà figurativamente la dignità di donna.
Davanti ai sepolcri e ai monumenti che eternano la memoria di chi non c’è più, i devoti ripercorreranno la storia e le vicende di donne, alcune illustri, altre meno conosciute, che hanno lasciato un’importante traccia nella nostra città e non solo. Scopriranno dipinti, affreschi e sculture che le ricordano e spesso le raffigurano: sante, studiose, figlie e mogli… donne.
Prima tappa del percorso sarà la figura della Madonna, alla quale frate Antonio era molto devoto, tanto da chiedere di essere sepolto nell’allora chiesetta di Maria Mater Domini, primo nucleo di quella che divenne poi la basilica antoniana.
Poi si conosceranno altre figure femminili, da Santa Rosa da Lima a Santa Chiara passando per Lucrezia Dondi Dell’Orologio, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, Bartolomea Scrovegni, Bettina Di San Giorgio e tante altre. Donne con le loro storie, come quella tragica di Lucrezia Dondi, moglie del marchese Pio Enea degli Obizzi, «scelleratamente accoltellata, scannata nel 1654», o come quella di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata al mondo nel 1678. La Biblioteca Antoniana conserva alcuni documenti riguardanti la sua tesi in filosofia discussa all’Università di Padova.
Un modo per ricordare come al progresso e alle conquiste della civiltà hanno partecipato donne che a fatica si imposero e si emanciparono, fino a diventare protagoniste nella storia della nostra fede, in campo sociale, politico, artistico e filosofico.
Per partecipare è obbligatoria la prenotazione (massimo 30 persone per visita) via email infobasilica@santantonio.org o telefono 049-8225652 (tutti i giorni con orario 9-13 e 14-18). I turni di visita sono mercoledì 8 marzo alle ore 11.30, 14.30 e 17.30.
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