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La Quaresima al tempo del virus, quel metro di distanza che ci fa essere “più vicini”

L’emergenza per il coronavirus, tanto quanto la Quaresima liturgica, ci insegna che possiamo salvarci solo attraverso la solidarietà e la responsabilità e ci aiuta a riscoprire una nuova umanità

10 Marzo 2020| di Alessandra Sgarbossa - Ufficio Stampa Messaggero S. Antonio Editrice

Le disposizioni per contrastare la diffusione del virus COVID-19, tanto quanto la Quaresima liturgica, ci insegnano che possiamo salvarci solo “insieme”, un insieme che, come imparato in queste ultime settimane, non significa assembramento e vicinanza fisica, ma coralità di comportamenti responsabili gli uni verso gli altri, anche se “a un metro di distanza”. E così, se a malincuore la Basilica di Sant’Antonio a Padova è praticamente deserta, come mai successo prima, e si deve ripensare a come vivere la fede al tempo del coronavirus, questo tempo può, e deve, divenire un’opportunità per riscoprirci più umani e “più vicini”. E così i frati del Messaggero di sant’Antonio, come nelle scuole e nelle università dove le lezioni frontali sono state (possibilmente) soppiantate da quelle sul web, hanno affidato a siti web e social alcune riflessioni per vivere la Quaresima, e non solo, al tempo del virus.

«Non riesco a non connettere tra di loro il tempo liturgico di Quaresima che stiamo vivendo nelle nostre comunità cristiane, e l’emergenza coronavirus, questa invece trasversale a qualsiasi appartenenza – racconta in un intervento sul sito della rivista Messaggerosantantonio.it il direttore editoriale padre Fabio Scarsato –. Mi ci provoca la stessa terminologia. “Quaresima” sta per quaranta: più o meno i giorni che separano la celebrazione del Mercoledì delle ceneri dalla Domenica di resurrezione, ma anche i quaranta giorni di Gesù tentato nel deserto. E mai come in questi giorni ci siamo riassuefatti al termine “quarantena”, che indicava i quaranta giorni che una nave doveva starsene isolata all’arrivo in un porto durante la peste. Il tempo forzato di quarantena era ed è caratterizzato dall’inattività, dal digiuno di relazioni e cose da fare: tutto si riduce al minimo esistenziale, si rallentano i ritmi quotidiani. Resta solo da aspettare. Ci si sente incredibilmente soli e avvolti dal silenzio, anche in città. C’è tempo per pensare a sé, forse anche presi alla gola dalla paura della morte. Sentiamo come non mai la mancanza di contatti, incontri, mani da stringere, guance da baciare, chiacchiere da scambiare. In cambio, probabilmente, ci siamo scoperti tutto sommato capaci di fare a meno di tanto altro, a quanto pare, non così necessario». Ma proprio questo tempo, così emergenziale, con tutte le restrizioni alla nostra quotidianità, in fondo ci aiuta a riscoprire le cose davvero importanti della nostra vita, e rimetterle al centro, esattamente come il digiuno e la penitenza per un cristiano nel tempo di Quaresima. «Non ci capita purtroppo di aver bisogno di rimanerne senza, per accorgerci di quanto ci manchino (le relazioni, gli amici, la comunità, la messa domenicale, la Parola di Dio…)? Non c’è bisogno di riscoprirci tutti, con serenità e fiducia, un po’ più… umani? E la faccenda del virus, tanto quanto la Quaresima liturgica, non ci sta insegnando di nuovo che possiamo salvarci solo assieme?», si chiede Scarsato.

Sulla pagina Facebook delle Edizioni Messaggero Padova (EMP) la casa editrice ha postato la riflessione di uno dei suoi autori di punta, don Giorgio Ronzoni, sacerdote diocesano e parroco di Santa Sofia a Padova: «se gli scienziati ci spiegano come avviene il contagio e i governanti stabiliscono delle regole per evitarlo, ai credenti di ogni fede tocca rispondere: la mia fede è contro la scienza? Mi pone al di fuori delle regole della convivenza civile? Qualcuno dice di sì, ma noi no, spero. Se accettiamo di rinunciare perfino alla Messa non è per paura - del virus o delle sanzioni - ma per senso di responsabilità, per amore del prossimo. Un cristiano può anche decidere di rischiare la sua vita pur di partecipare alla Messa, ma come si sentirebbe se scoprisse che è stato lui a contagiare quella signora anziana alla quale ha dato il segno della pace? D’altra parte, in questi giorni molti di noi scoprono che la Messa non è un dovere: è un bisogno. Non ci sembrava bello che qualcuno ci obbligasse ad andare, ma ora ci piace ancor meno che qualcuno ce lo proibisca. Ognuno vorrebbe poter decidere da solo cosa è giusto fare, ma i virus non rispettano le coscienze». Nelle prossime settimane EMP continuerà a postare sul social network brevi testi e riflessioni liturgici e quaresimali.

Infine padre Giancarlo Zamengo, direttore generale del Messaggero di sant’Antonio editrice, affida a un videomessaggio l’abbraccio virtuale dei frati francescani conventuali del Santo a tutti i devoti che non possono giungere in basilica. «Vi vogliamo bene!», dice davanti all’Arca del Santo, in una Basilica di sant’Antonio irriconoscibilmente senza pellegrini. Affidando a sant’Antonio tutte le persone che chiedono con fiducia la sua intercessione, la preghiera di padre Zamengo e degli altri frati Santo, in particolare durante la messa delle ore 19 celebrata a porte chiuse e trasmessa in streaming web e Facebook, è un modo per donare forza, aiuto e speranza ai fedeli anche a distanza, e superare insieme questo momento di difficoltà e prova. La messa feriale da lunedì a sabato, alle ore 19.00 alla Tomba di sant’Antonio, si può seguire soltanto in diretta streaming web e Facebook.


Allegati disponibili


  • 21_cs_20200310_quaresima_al_tempo_del_virus.doc
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