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Restaurato al Santo il "Cristo passo", affresco del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo Da Montagnana

L’intervento, finanziato da un’azienda padovana, mette in luce un punto della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio

28 Novembre 2017| di Ufficio Stampa Messaggero S. Antonio Editrice

È tornato all’antico splendore in Basilica del Santo il Cristo passo con gli strumenti della Passione del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo Parisati, detto Jacopo da Montagnana. L’intervento di restauro, promosso dalla Veneranda Arca di S. Antonio e finanziato da un’azienda privata del Padovano, la Interchem Italia, mette in luce un punto della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio, una pratica di pietà popolare molto diffusa tra tardo Medioevo e Rinascimento. L’opera è stata presentata oggi nella Sala dello Studio teologico della Basilica del Santo alla presenza del vicerettore del Santo, padre Giorgio Laggioni, del presidente capo della Veneranda Arca di S. Antonio Emanuele Tessari, dell’assessore alla Cultura del Comune di Padova Andrea Colasio, dell’ad di Interchem Italia Gianni Pierbon, l’azienda mecenate che ha sostenuto il risanamento dell’affresco, e di Giovanna Baldissin Molli, del Collegio di Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio e docente al Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova.

Il restauro si è svolto secondo le indicazioni scientifiche della dottoressa Monica Pregnolato della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. L’intervento, realizzato dal restauratore Giordano Passarella, è durato un paio di mesi e ha riguardato la pulitura e il consolidamento della superficie pittorica.

L’affresco dell’ultimo quarto del secolo XV raffigurante il Cristo passo con gli strumenti della Passione si trova in una delle nicchie della controfacciata della basilica. È completato dalla paretina soprastante con due angioletti a monocromo, dipinti su un fondo imitante un marmo screziato di verde e recanti una targa con l’indulgenza per i defunti. Il restauro non ha soltanto restituito un bel brano di pittura, pervenuto sostanzialmente integro, ma ha anche permesso di identificare un punto preciso della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio. Tale pratica religiosa, pur cambiata nella modalità rispetto a un tempo, è tutt'oggi assai sentita al Santo: ne fanno fede le sante messe ordinate dai fedeli e dai pellegrini che nella stragrande maggioranza sono in suffragio dei defunti.

L’immagine del Cristo passo (cioè sofferente) è una delle più diffuse in tutta la Cristianità, in numerose varianti, a seconda delle accentuazioni che, volta per volta, gli artisti intendevano sottolineare, ad esempio con la presenza del calice, della croce, di Maria e Giovanni, o, come in questo caso, di tutto lo strumentario della Passione. Nel Cristo passo del Santo l’elenco preciso degli oggetti (il gallo, la tunica, i chiodi, le monete, la spugna...) assumeva un vero ruolo di mnemotecnica: guardando l’immagine il fedele riusciva a ripercorrere nella sua mente la Passione di Cristo e a meditare su quella.

A partire dal Medioevo una pia leggenda legata a papa san Gregorio Magno (540 circa - 604) ebbe una grande popolarità. Mentre il pontefice stava celebrando la messa, comparve sull’altare Cristo con la croce. Scosso profondamente da questa visione, Gregorio Magno concesse la possibilità ai fedeli, che avessero pregato davanti a immagini simili, di ottenere indulgenze per le anime dei defunti. Questa pratica pia si diffuse molto rapidamente in Europa, ed è testimoniata in diversi casi (libri d’ore manoscritti e miniati, affreschi, dipinti su tavola).

Qui, nella nicchia del pilastro di destra della controfacciata, la paretina soprastante il Cristo passo assicura che i papi Gregorio (Magno) e Sisto, «concederanno 30.000 anni e 23 giorni di indulgenza a chi reciterà il Pater noster e l’Ave Maria». Il papa Sisto cui allude la scritta sostenuta dagli angioletti è probabilmente Sisto IV, francescano che conosceva molto bene la basilica del Santo e papa dal 1471 al 1484: questa citazione dà probabilmente anche un’indicazione temporale di massima per l’esecuzione dell’affresco.

L’identificazione del punto della basilica come locus dedicato al suffragio è convalidata da altri due elementi. Sulla parete ad angolo, a sinistra, una scritta semicancellata ma ancora leggibile mostra la sequenza delle sette preghiere che, secondo la tradizione, Gregorio Magno compose per essere recitate davanti all’immagine del Cristo passo (intervallate dalla recita del Pater noster e dell’Ave Maria). La prima delle quali dice: «O Domine Iesu, adoro te in Cruce pendentem, coronam spineam in capite portantem. Deprecor te, ut tua Crux liberet me ab Angelo percutiente».

Le strette monofore della facciata della basilica recano vetrate di età moderna, al centro delle quali si trova un oggetto della Passione (la colonna della flagellazione, i dadi, la spugna…), a testimoniare che quell’immagine del Cristo passo ebbe la forza di concentrare in quel punto della chiesa, a ridosso della controfacciata, la preghiera per il suffragio dei defunti.

L’affresco che oggi vediamo, generalmente attribuito a Jacopo Parisati da Montagnana, è un bell’esempio di pittura post mantegnesca databile all’ultimo quarto del Quattrocento. Si conoscono diversi nomi di pittori attivi in quel periodo, ma solo a Jacopo possiamo riferire con certezza documentaria alcune opere. Di altri pittori, come Pietro Calzetta, Pietro Maggi da Milano, Matteo Dal Pozzo, non si conoscono opere sicure, sicché non è facile, per la mancanza di punti di appoggio, distinguere le diverse mani. Pietro Calzetta e Jacopo da Montagnana lavorarono a più riprese nella basilica e, insieme, nella cappella Gattamelata (ora cappella del Santissimo Sacramento), ma gli affreschi sono andati perduti. Va però ricordato che il tema del Cristo passo fu molto diffuso tra i francescani, in quanto proponeva quel tipo di meditazione emotivamente sentita sulle sofferenze di Cristo, che erano diventate, con la stimmatizzazione, anche le sofferenze di san Francesco. Nella basilica, tra opere di pittura, scultura e oreficeria, sono almeno 7 le raffigurazioni del Cristo passo realizzate nel corso dei decenni centrali del Quattrocento.

Le altre tre nicchie dei pilastri della controfacciata ospitano un santo ciascuna, di epoca trecentesca: sant’Antonio, san Ludovico di Tolosa, santa Lucia (agli affreschi che raffigurano gli ultimi due santi è dedicata la rassegna concertistica “Musica al Santo per il Santo” per raccogliere fondi a sostegno del loro restauro). Non sappiamo se nella nicchia oggetto del presente restauro già nel Trecento fosse raffigurato un Cristo passo, poi sostituito dall’attuale, forse perché deteriorato.

Il restauro è inserito in un piano di valorizzazione delle opere del Santo individuato dalla Veneranda Arca di S. Antonio in conformità con i propri compiti statutari e che, nell’ottica di collegare la basilica con la città, cerca di coinvolgere il privato, imprese o singoli cittadini che siano, nella “custodia” delle innumerevoli opere d’arte del santuario antoniano. La scelta di intervenire sul Cristo passo è ricaduta su questo affresco così denso di significati in sintonia con la sensibilità dei rappresentanti della Interchem Italia, che hanno fortemente voluto festeggiare il trentennale aziendale prendendosi cura di un’opera del proprio territorio che aveva necessità di essere restaurata.

 

FOTO DA UTILIZZARE CON CITAZIONE DEI CREDIT FOTOGRAFICI:

Per le foto dell'affresco del Cristo Passo: foto ©Giordano Passarella / Archivio MSA

Le foto sono nominate con una sommaria descrizione (totale, particolare, ecc.) e con l'indicazione se prima o dopo il restauro: es.  "Cristo passo_DESCRIZIONE_prima" (foto prima del restauro) e "Cristo passo_DESCRIZIONE_restaurato" (foto dopo il restauro).

Le foto prima del restauro sono 4, quelle relative all'opera restaurata 6.

 

 


Allegati disponibili


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