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Scomparsa del vescovo di El Alto in Bolivia Eugenio Scarpellini, una delle ultime interviste sul «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di luglio-agosto

Nella città di El Alto si erano verificati i più forti scontri subito dopo le dimissioni di Evo Morales nel novembre del 2019

16 Luglio 2020| di Ufficio Stampa Messaggero S. Antonio Editrice

Ieri, a causa del Coronavirus, è scomparso a 66 anni il vescovo della diocesi di El Alto, in Bolivia, monsignor Eugenio Scarpellini, bergamasco d'origine. Una delle ultime interviste che aveva rilasciato è quella a Marinellys Tremamunno, collaboratrice del «Messaggero di sant’Antonio», confluita nell’articolo “Fede e democrazia” della rivista di luglio-agosto per l’estero.

Di seguito si riporta il testo integrale dell’articolo, come ultimo omaggio a un Pastore che si è sempre speso per la giustizia sociale del popolo boliviano, ora ancor più in difficoltà per la pandemia.

 

Fede e democrazia”

di Marinellys Tremamunno

La Chiesa è stata protagonista dei negoziati che hanno portato la pacificazione della Bolivia dopo le dimissioni di Evo Morales. E, nonostante abbiano una posizione critica verso l’attuale governo di Jeanine Añez, i vescovi continuano a lavorare alla ricerca di spazi di dialogo che possano aiutare a risolvere i problemi più urgenti della popolazione, peggiorati dopo l’emergenza Covid-19.

Il quadro della situazione è così incerto che la Fondazione cattolica «Jubileo» ha lanciato l’allerta per 1,8 milioni di persone a rischio di soffrire la fame come conseguenza del blocco economico, vale a dire il 15 per cento della popolazione che versava già in condizioni di estrema povertà prima dell’arrivo del Coronavirus.

Per capire cosa accade in Bolivia e come si vive la transizione, è preziosa la testimonianza di monsignor Eugenio Scarpellini, bergamasco d’origine ma vescovo della diocesi di El Alto, città dove si sono verificati i più forti scontri subito dopo le dimissioni di Evo Morales, nel novembre 2019.

«Abbiamo visto un sorgere di violenze di gruppi pagati, gruppi precostituiti, per mettere in crisi il Paese – afferma Scarpellini –. In quel periodo abbiamo vissuto una lotta intestina, popolo contro popolo. Una parte voleva la democrazia, l’altra difendeva un regime con la violenza», osserva il vescovo ricordando i saccheggi che hanno tenuto sotto scacco la città. La pacificazione della Bolivia è stata possibile grazie alla mediazione della Chiesa locale (rappresentata da monsignor Scarpellini e dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Aurelio Pesoa), delle ambasciate dei Paesi dell’Unione europea, dell’Organizzazione degli Stati americani e dell’ONU. Oggi i boliviani «hanno voglia di camminare verso la democrazia effettiva e vera», dopo «un periodo di quattordici anni di imposizioni».

Monsignor Scarpellini vive in Bolivia da trentadue anni, e non può nascondere la sua preoccupazione per la situazione attuale, perché «il popolo si sente tradito». I boliviani «volevano un impegno di unità per ricostruire il Paese e invece stiamo vedendo che c’è divisione. Questo fa pensare, ancora una volta, agli interessi di partito e personali, per cui la gente sta chiedendo che i politici siano capaci di svestirsi di tutti questi interessi per pensare al bene del Paese». Nonostante i tanti problemi irrisolti, monsignor Scarpellini sottolinea che il popolo ha tanta speranza: «La gente – conclude – si è aggrappata alla fede per portare avanti la lotta per il recupero della dignità e della democrazia».

(dal «Messaggero di sant’Antonio» - edizione italiana per l’estero di luglio-agosto 2020, pp. 44-45)


Allegati disponibili


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