
Giugno Antoniano 2023 | ComunicatoStampa
Dalla musica a commento dei Sermoni di sant’Antonio all’attività di Donatello al Santo, gli eventi culturali del Giugno Antoniano della prossima settimana
Martedì 20 giugno il concerto della Cappella musicale Antoniana diretta dal maestro Casarin, mercoledì 21 la presentazione del libro di Giovanna Baldissin Molli con Salvatore Settis e padre Luciano Bertazzo
La “Musica commenta i Sermoni di Sant’Antonio” è il titolo dell’evento musicale che si terrà martedì 20 giugno, alle ore 20.45, in Basilica del Santo a Padova. Protagonista del concerto sarà la Cappella Musicale Antoniana, con il suo coro, i solisti e l’orchestra, con la direzione del Maestro Valerio Casarin.
Il programma del concerto è costituito dall’esecuzione di mottetti di autori vari che, spaziando nell’arco temporale di quattro secoli, fungeranno da commento ai Sermones (Sermoni) di sant’Antonio, la grande opera letteraria e teologica di frate Antonio, con cui il religioso si prefiggeva di fornire ai suoi confratelli uno strumento di formazione per la vita cristiana. Gli argomenti trattati sono in generale quelli della fede e dei buoni costumi. Il Santo offriva ai predicatori strumenti per la predicazione: come insegnare ai fedeli la dottrina del vangelo, come valorizzare i sacramenti, soprattutto la penitenza e l’eucaristia.
Il concerto si aprirà con l’esecuzione delle Litanie Lauretane di M.B. di Czernorskj, del Te Deum di W. A. Mozart, del Terra tremuit del suo allievo J. Eybler, per arrivare poi al romanticismo di F. B. Mendelssohn e al tardoromanticismo di G. Faurè, fino a terminare con l’esecuzione di composizioni di autori contemporanei quali K. Jenkins, B. De Marzi e dello stesso Casarin.
I documenti d'archivio indicano il 1486 come anno ufficiale di costituzione della Cappella Musicale del Santo, ma si ritiene che fosse in attività già in precedenza, probabilmente per l'inaugurazione dell'altare maggiore del Donatello (1450). La Cappella Antoniana anima le liturgie solenni della Pontificia Basilica del Santo e svolge, inoltre, un'intensa attività concertistica a favore di associazioni che operano nell’ambito del volontariato. La formazione, diretta dal 2006 dal Maestro Valerio Casarin, è composta da 65 elementi.
Mercoledì 21 giugno sarà invece dedicato ai documenti d’archivio sull’attività del Donatello al Santo e, in particolare, all’altare maggiore. Alle ore 17.00 infatti verrà presentato in Sala del Capitolo, in basilica, il libro di Giovanna Baldissin Molli Donatello a Padova: l’attività nella basilica di Sant’Antonio. I documenti contabili dell’Archivio dell’Arca, edito dal Centro Studi Antoniani. A dialogare con l’autrice Salvatore Settis, professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa e socio dell’Accademia dei Lincei, e padre Luciano Bertazzo, Direttore del Centro Studi Antoniani. Ingresso libero.
L’altare maggiore della basilica del Santo fu affidato all’artista fiorentino ed eseguito dallo scultore negli anni 1447-1450. L’insieme della struttura in pietra e delle opere in bronzo venne smembrato alla fine del Cinquecento e a noi sono pervenute le sculture e i rilievi, riuniti sull’attuale altar maggiore alla fine dell’Ottocento. La lettura e l’analisi dei documenti permette di ricostruire e comprendere il processo di realizzazione dell’opera, che vide impegnati, accanto a Donatello e ai suoi aiuti toscani, molti artigiani padovani: fonditori, orefici, murari, falegnami, cavatori di pietre, strazzaroli.
INFO GIUGNO ANTONIANO
www.santantonio.org – Facebook: Giugno Antoniano - www.padovanet.it
Tel. 049-8225652 - Email infobasilica@santantonio.org
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ComunicatoStampa
“Blu paonazzo”, un romanzo storico ambientato al Santo per finanziare i restauri promossi dalla Veneranda Arca S. Antonio
Scritto da Giovanna Baldissin Molli, il giallo ha per protagonisti Donatello e la Basilica di Sant’Antonio. Presentazione del libro giovedì 14 dicembre alle ore 17.30 nell’Oratorio di San Giorgio, in Piazza del Santo a Padova
Blu paonazzo di Giovanna Baldissin Molli, presidente della Veneranda Arca di S. Antonio e docente del Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova, è un romanzo storico, tinto di giallo, che parla di furti, amori e crimini sotto le cupole del Santo al tempo di Donatello a Padova, come recita il sottotitolo.
L’autrice, storica dell’arte e fine conoscitrice delle opere d’arte custodite nella basilica, che debutta come scrittrice con questo libro, scrive una storia che si svolge nel decennio che va dal 1443 al 1453, a Padova. I principali protagonisti non potevano quindi che essere Donatello e la Basilica del Santo. In una città da qualche decennio conquistata dalla Serenissima avvengono furti sacrileghi che coinvolgono il famoso scultore arrivato da Firenze e anche la comunità dei frati. La trama, ricca di colpi di scena, troverà alla fine una soluzione, ma a pagare un prezzo pesante non saranno solo i colpevoli.
Baldissin ci conduce per mano tra le vie e le chiese della Padova quattrocentesca, ci fa sentire i suoni e gli odori di una città in grande fermento, soprattutto, ci fa scoprire i tesori artistici del periodo con descrizioni che non lasceranno indifferente il lettore.
E seguendo il grande amore della scrittrice per il Santo, i proventi della vendita del volume, edito da Il Prato, saranno devoluti per finanziare i restauri delle opere della basilica.
Il libro verrà presentato giovedì 14 dicembre alle ore 17.30 nell’Oratorio di San Giorgio, in Piazza del Santo a Padova. Interverranno: padre Oliviero Svanera, rettore della Basilica di Sant’Antonio; Emanuele Tessari, presidente capo della Veneranda Arca di S. Antonio, e padre Luciano Bertazzo, direttore del Centro Studi Antoniani. Modera l’incontro la scrittrice Sibyl von der Schulenburg. Sarà presente l’autrice.
Giovanna Baldissin Molli, docente di Storia delle arti applicate e dell’oreficeria nel Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica. Ha come ambito di ricerca principale la storia dell’oreficeria veneta, tra la fine del Medioevo e il Rinascimento, sia di ambito liturgico che di area profana. Ha indagato aspetti diversi delle opere d’arte della basilica del Santo, dedicando un volume (2011) al monumento equestre di Erasmo da Narni, detto Gattamelata, opera di Donatello, sul sagrato del santuario antoniano. Dal novembre 2016 fa parte del Collegio di Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio.
Per maggiori informazioni
Tel. 049/640105 - info@ilprato.com
https://narrativa.ilprato.com/libro/blu-paonazzo/
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Restaurato l’affresco "Cristo che si congeda dalla Madre" nella Cappella della Madonna Mora al Santo
Grazie al recupero, finanziato dal Lions Club di Camposampiero, trovati i primi “indizi” per indagare la paternità dell’opera del 14° secolo
Un importante e inaspettato recupero nella Cappella della Madonna Mora, il nucleo più antico della Basilica del Santo, ha rivelato un affresco del 14° secolo prima illeggibile. Si tratta di un Cristo che si congeda dalla madre di autore ignoto. Il rinvenimento di un fondo di architettura e un’interessante iscrizione sono gli “indizi” per avviare l’indagine sulla paternità del dipinto e studiare le diverse fasi costruttive della fabrica, il cantiere, del Santo.
L’opera restaurata dalla Veneranda Arca di S. Antonio grazie al sostegno del Lions Club di Camposampiero è stata presentata oggi nella Sala dello Studio teologico della Basilica del Santo. A fare gli onori di casa il rettore della basilica, padre Oliviero Svanera, e il presidente capo della Veneranda Arca di S. Antonio, Emanuele Tessari. A illustrare l’intervento di restauro, alla presenza di Giuseppe Vecchiato, presidente del Lions Club di Camposampiero che ha finanziato il progetto, sono state Giovanna Baldissin Molli, del Collegio di Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio e docente al Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova, e la restauratrice Valentina Piovan.
Il restauro, seguito per la direzione scientifica dalla dottoressa Monica Pregnolato della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, è durato un paio di mesi e ha riguardato la pulitura e il consolidamento della superficie pittorica.
L’affresco, di dimensioni importanti, è un recupero di notevole interesse sotto il profilo storico-artistico, perché rivela un particolare momento della vita del santuario antoniano, che è stato nel corso dei secoli, e lo è tutt’ora, un organismo vivo e in continuo cambiamento. Il luogo stesso ove si trova - la Cappella della Madonna Mora -, parla infatti del nucleo più antico della Basilica del Santo, il cui aspetto duecentesco è sconosciuto.
Come è noto la cappella corrisponde al sito in cui si ergeva, in origine, la piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini, dove, per espresso desiderio del Santo, fu dapprima sepolto il corpo di Antonio. Ogni testimonianza artistica in questa cappella, o documentale che la riguarda, offre perciò preziosi elementi per ripercorrere la storia delle diverse fasi costruttive dell’edificio.
L’affresco del 14° secolo era pervenuto ai nostri giorni in uno stato di conservazione tale che la sua leggibilità era compromessa, tanto da aver qualche dubbio persino sul soggetto rappresentato. Il fondo inoltre era scuro e quasi indifferenziato. Molto scarsa era anche la letteratura che lo riguardava: ne hanno parlato Faustino Ossanna e Claudio Bellinati in un libro del 1995, pubblicato dalle Edizioni Messaggero Padova, e relativo a diverse rappresentazioni della Vergine nella Basilica del Santo. Secondo i due autori la scena raffigurava Cristo risorto che appare alla madre, avendo a sfondo le mura di Gerusalemme, e poteva cautamente essere ricondotta alla mano di Giusto de’ Menabuoi, attivo nella cappella adiacente del Beato Luca Belludi.
Grazie all’intervento di restauro, invece, sono stati riportati alla luce alcuni elementi che paiono confutare questa precedente tesi. Ora vediamo con maggior chiarezza che le mani di Cristo non presentano la ferita dei chiodi e dunque l’episodio raffigurato è riconducibile al racconto dei vangeli apocrifi che ricordano il congedo di Cristo dalla Madre, prima della sua Passione. Questo tema iconografico è noto nella storiografia artistica, ma era più diffuso a partire dal Cinquecento in avanti. L’affresco appena rimesso a nuovo, privo per il momento di una paternità definita, è perciò di estremo interesse, perché tale soggetto, nel Trecento, risulta una rarità. È probabile che anche la scritta recuperata, affrescata a lato della figura di Gesù e prima mai letta compiutamente, possa ricondurre gli studiosi, ora che può essere correttamente interpretato il senso generale relativo alla Passione di Gesù, a un testo noto, al momento non ancora individuato, che potrebbe fornire ulteriori informazioni.
Quanto allo sfondo architettonico, emerso con colori chiari e una definizione inaspettata, l’idea è che si volesse alludere a Padova stessa, e non a Gerusalemme. Si potrebbe anche ipotizzare un riferimento al cosiddetto “traghetto” carrarese, il camminamento murato che univa la reggia di piazza Capitaniato al Castello della città.
Nell’affresco sono presenti, al centro in basso, due anziani devoti, inginocchiati: a sinistra un uomo, a destra una donna. Non si è in grado, allo stato attuale, di formulare ipotesi di identificazione. La moda delle vesti non dà indicazioni precise, perché era diffusa fra il Trecento e il primo Quattrocento. Incuriosisce il fatto che i due sembrano avere una certa somiglianza tra di loro, altro elemento da approfondire da parte degli storici dell’arte.
Un altro dato interessante è costituito infine dalla cornice dipinta, che ha riferimenti ad altre cornici trecentesche ritrovate in punti diversi del Santo. Anche questo tipo di confronto dovrà essere indagato, allo scopo di definire in modo più preciso la cronologia e la paternità delle diverse pitture trecentesche, non solo della Cappella della Madonna Mora, ma anche dell’intera basilica.
Negli anni passati, e grazie ai Collegi di Presidenza della Veneranda Arca S. Antonio che hanno preceduto l’attuale, diversi affreschi della Cappella della Madonna Mora avevano trovato risarcimento dai danni del passare del tempo. L’attuale Collegio di Presidenza era analogamente al corrente del desiderio del precedente rettore del Santo, il compianto padre Enzo Poiana scomparso prematuramente lo scorso anno, di completare il restauro delle immagini mariane presenti in basilica. Perciò la Veneranda Arca di S. Antonio e l’attuale rettore del Santo hanno proposto con convinzione al Lions Club di Camposampiero di sostenere l’intervento su questo affresco. I Lions di Camposampiero, territorio storicamente e spiritualmente legato a sant’Antonio, hanno accettato volentieri l’invito, che rafforza l’antico legame della loro cittadina con il Santo: proprio Antonio, nelle ultime ore di vita, è partito da Camposampiero con la precisa intenzione di andare a morire nella “sua chiesetta” di Santa Maria Mater Domini, come ricordato corrispondente all’attuale Cappella della Madonna Mora, nucleo originario di quella che divenne in seguito la Basilica del Santo.
Nella cappella rimane qualche altro riquadro da restaurare, tra cui una Madonna in trono, analogamente di esecuzione trecentesca, che dai primi riscontri sembra ugualmente interessante. La Veneranda Arca di S. Antonio, l’ente che dal 1396 formalmente si prende cura della manutenzione del Santo attraverso progetti di restauro, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e artistico della basilica, si augura che sia possibile avviare presto un nuovo cantiere nella Cappella della Madonna Mora.
FOTO da utilizzare con cortese preghiera di citazione dei credit fotografici:
foto ©Valentina Piovan / Archivio MSA
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Invito per la stampa - Restaurato l’affresco "Cristo che si congeda dalla Madre" nella Cappella della Madonna Mora al Santo
Grazie al recupero, finanziato dal Lions Club di Camposampiero, trovati i primi “indizi” per indagare la paternità dell’opera del 14° secolo
Importante e inaspettato recupero nella Cappella della Madonna Mora, il nucleo più antico della basilica del Santo, rivela un affresco del 14° secolo prima illeggibile. Si tratta di un Cristo che si congeda dalla Madre di autore ignoto. Il rinvenimento di un fondo di architettura e un’interessante iscrizione sono gli “indizi” per avviare l’indagine sulla paternità del dipinto e studiare le diverse fasi costruttive della fabbrica del Santo.
L’opera restaurata dalla Veneranda Arca di S. Antonio grazie al sostegno del Lions Club di Camposampiero verrà presentata in
CONFERENZA STAMPA
MARTEDÌ 12 DICEMBRE 2017, ORE 11.30 A PADOVA
Sala dello Studio Teologico, Chiostro della Magnolia - Basilica del Santo
Seguirà INAUGURAZIONE in Basilica
Interverranno:
Padre Oliviero Svanera, Rettore della Basilica del Santo
Emanuele Tessari, Presidente Capo della Veneranda Arca del Santo
Giuseppe Vecchiato, Presidente del Lions Club di Camposampiero
Giovanna Baldissin Molli, Presidente della Veneranda Arca di S. Antonio - Dipartimento dei Beni culturali, Università di Padova
Valentina Piovan, Restauratrice
Con cortese richiesta di partecipazione
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Restaurato al Santo il "Cristo passo", affresco del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo Da Montagnana
L’intervento, finanziato da un’azienda padovana, mette in luce un punto della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio
È tornato all’antico splendore in Basilica del Santo il Cristo passo con gli strumenti della Passione del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo Parisati, detto Jacopo da Montagnana. L’intervento di restauro, promosso dalla Veneranda Arca di S. Antonio e finanziato da un’azienda privata del Padovano, la Interchem Italia, mette in luce un punto della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio, una pratica di pietà popolare molto diffusa tra tardo Medioevo e Rinascimento. L’opera è stata presentata oggi nella Sala dello Studio teologico della Basilica del Santo alla presenza del vicerettore del Santo, padre Giorgio Laggioni, del presidente capo della Veneranda Arca di S. Antonio Emanuele Tessari, dell’assessore alla Cultura del Comune di Padova Andrea Colasio, dell’ad di Interchem Italia Gianni Pierbon, l’azienda mecenate che ha sostenuto il risanamento dell’affresco, e di Giovanna Baldissin Molli, del Collegio di Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio e docente al Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova.
Il restauro si è svolto secondo le indicazioni scientifiche della dottoressa Monica Pregnolato della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. L’intervento, realizzato dal restauratore Giordano Passarella, è durato un paio di mesi e ha riguardato la pulitura e il consolidamento della superficie pittorica.
L’affresco dell’ultimo quarto del secolo XV raffigurante il Cristo passo con gli strumenti della Passione si trova in una delle nicchie della controfacciata della basilica. È completato dalla paretina soprastante con due angioletti a monocromo, dipinti su un fondo imitante un marmo screziato di verde e recanti una targa con l’indulgenza per i defunti. Il restauro non ha soltanto restituito un bel brano di pittura, pervenuto sostanzialmente integro, ma ha anche permesso di identificare un punto preciso della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio. Tale pratica religiosa, pur cambiata nella modalità rispetto a un tempo, è tutt'oggi assai sentita al Santo: ne fanno fede le sante messe ordinate dai fedeli e dai pellegrini che nella stragrande maggioranza sono in suffragio dei defunti.
L’immagine del Cristo passo (cioè sofferente) è una delle più diffuse in tutta la Cristianità, in numerose varianti, a seconda delle accentuazioni che, volta per volta, gli artisti intendevano sottolineare, ad esempio con la presenza del calice, della croce, di Maria e Giovanni, o, come in questo caso, di tutto lo strumentario della Passione. Nel Cristo passo del Santo l’elenco preciso degli oggetti (il gallo, la tunica, i chiodi, le monete, la spugna...) assumeva un vero ruolo di mnemotecnica: guardando l’immagine il fedele riusciva a ripercorrere nella sua mente la Passione di Cristo e a meditare su quella.
A partire dal Medioevo una pia leggenda legata a papa san Gregorio Magno (540 circa - 604) ebbe una grande popolarità. Mentre il pontefice stava celebrando la messa, comparve sull’altare Cristo con la croce. Scosso profondamente da questa visione, Gregorio Magno concesse la possibilità ai fedeli, che avessero pregato davanti a immagini simili, di ottenere indulgenze per le anime dei defunti. Questa pratica pia si diffuse molto rapidamente in Europa, ed è testimoniata in diversi casi (libri d’ore manoscritti e miniati, affreschi, dipinti su tavola).
Qui, nella nicchia del pilastro di destra della controfacciata, la paretina soprastante il Cristo passo assicura che i papi Gregorio (Magno) e Sisto, «concederanno 30.000 anni e 23 giorni di indulgenza a chi reciterà il Pater noster e l’Ave Maria». Il papa Sisto cui allude la scritta sostenuta dagli angioletti è probabilmente Sisto IV, francescano che conosceva molto bene la basilica del Santo e papa dal 1471 al 1484: questa citazione dà probabilmente anche un’indicazione temporale di massima per l’esecuzione dell’affresco.
L’identificazione del punto della basilica come locus dedicato al suffragio è convalidata da altri due elementi. Sulla parete ad angolo, a sinistra, una scritta semicancellata ma ancora leggibile mostra la sequenza delle sette preghiere che, secondo la tradizione, Gregorio Magno compose per essere recitate davanti all’immagine del Cristo passo (intervallate dalla recita del Pater noster e dell’Ave Maria). La prima delle quali dice: «O Domine Iesu, adoro te in Cruce pendentem, coronam spineam in capite portantem. Deprecor te, ut tua Crux liberet me ab Angelo percutiente».
Le strette monofore della facciata della basilica recano vetrate di età moderna, al centro delle quali si trova un oggetto della Passione (la colonna della flagellazione, i dadi, la spugna…), a testimoniare che quell’immagine del Cristo passo ebbe la forza di concentrare in quel punto della chiesa, a ridosso della controfacciata, la preghiera per il suffragio dei defunti.
L’affresco che oggi vediamo, generalmente attribuito a Jacopo Parisati da Montagnana, è un bell’esempio di pittura post mantegnesca databile all’ultimo quarto del Quattrocento. Si conoscono diversi nomi di pittori attivi in quel periodo, ma solo a Jacopo possiamo riferire con certezza documentaria alcune opere. Di altri pittori, come Pietro Calzetta, Pietro Maggi da Milano, Matteo Dal Pozzo, non si conoscono opere sicure, sicché non è facile, per la mancanza di punti di appoggio, distinguere le diverse mani. Pietro Calzetta e Jacopo da Montagnana lavorarono a più riprese nella basilica e, insieme, nella cappella Gattamelata (ora cappella del Santissimo Sacramento), ma gli affreschi sono andati perduti. Va però ricordato che il tema del Cristo passo fu molto diffuso tra i francescani, in quanto proponeva quel tipo di meditazione emotivamente sentita sulle sofferenze di Cristo, che erano diventate, con la stimmatizzazione, anche le sofferenze di san Francesco. Nella basilica, tra opere di pittura, scultura e oreficeria, sono almeno 7 le raffigurazioni del Cristo passo realizzate nel corso dei decenni centrali del Quattrocento.
Le altre tre nicchie dei pilastri della controfacciata ospitano un santo ciascuna, di epoca trecentesca: sant’Antonio, san Ludovico di Tolosa, santa Lucia (agli affreschi che raffigurano gli ultimi due santi è dedicata la rassegna concertistica “Musica al Santo per il Santo” per raccogliere fondi a sostegno del loro restauro). Non sappiamo se nella nicchia oggetto del presente restauro già nel Trecento fosse raffigurato un Cristo passo, poi sostituito dall’attuale, forse perché deteriorato.
Il restauro è inserito in un piano di valorizzazione delle opere del Santo individuato dalla Veneranda Arca di S. Antonio in conformità con i propri compiti statutari e che, nell’ottica di collegare la basilica con la città, cerca di coinvolgere il privato, imprese o singoli cittadini che siano, nella “custodia” delle innumerevoli opere d’arte del santuario antoniano. La scelta di intervenire sul Cristo passo è ricaduta su questo affresco così denso di significati in sintonia con la sensibilità dei rappresentanti della Interchem Italia, che hanno fortemente voluto festeggiare il trentennale aziendale prendendosi cura di un’opera del proprio territorio che aveva necessità di essere restaurata.
FOTO DA UTILIZZARE CON CITAZIONE DEI CREDIT FOTOGRAFICI:
Per le foto dell'affresco del Cristo Passo: foto ©Giordano Passarella / Archivio MSA
Le foto sono nominate con una sommaria descrizione (totale, particolare, ecc.) e con l'indicazione se prima o dopo il restauro: es. "Cristo passo_DESCRIZIONE_prima" (foto prima del restauro) e "Cristo passo_DESCRIZIONE_restaurato" (foto dopo il restauro).
Le foto prima del restauro sono 4, quelle relative all'opera restaurata 6.
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Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Restaurato al Santo il Cristo Passo del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo da Montagnana
Conferenza stampa di inaugurazione martedì 28 novembre 2017, ore 11.00 a Padova, in Sala dello Studio Teologico - Basilica del Santo
È tornato all’antico splendore in Basilica del Santo il Cristo Passo del tardo Quattrocento attribuito a Jacopo da Montagnana. L’intervento di restauro, finanziato da un’azienda privata del Padovano, mette in luce un punto della basilica dedicato al suffragio delle anime del Purgatorio, una pratica di pietà popolare molto diffusa tra tardo Medioevo e Rinascimento.
L'opera restaurata verrà presentata in
CONFERENZA STAMPA
Martedì 28 novembre 2017, ore 11.00 a Padova
Sala dello Studio Teologico, Chiostro della Magnolia - Basilica del Santo
Seguirà INAUGURAZIONE in Basilica
Interverranno:
padre Giorgio Laggioni, Vicerettore Basilica del Santo
Emanuele Tessari, Presidente Capo della Veneranda Arca del Santo
Andrea Colasio, Assessore alla Cultura e Musei del Comune di Padova
Gianni Pierbon, Amministratore delegato Interchem Italia
Giovanna Baldissin Molli, Presidente della Veneranda Arca di S. Antonio - Dipartimento dei Beni culturali, Università di Padova
Giordano Passarella, Restauratore
Con cortese richiesta di partecipazione

Veneranda Arca di sant'Antonio | ConferenzaStampa
Restaurati ed esposti al Museo Antoniano i tessuti antichi provenienti dalle tombe Gattamelata al Santo
Dopo il restauro, con il contributo del Lions Club Padova Carraresi, tornano per la prima volta fruibili al pubblico gli unici tessili del XV secolo ritrovati nella città di Padova
Sono tornati all’antico splendore i rari e preziosi frammenti di seta del XV secolo rinvenuti nelle sepolture Gattamelata in Basilica del Santo a Padova. Ultimato il restauro, che ha permesso di ricostruire un ampio frammento e il giro manica di una veste femminile, i tessili da oggi sono esposti al pubblico nel Museo Antoniano, restituendo questi beni di notevole interesse storico alla collettività. Sono infatti gli unici esempi di stoffe di lusso e di ambito profano del XV secolo ritrovati e disponibili a Padova. Un unicum dunque nella città del Santo, reso ancora più speciale dalla generale scarsezza di questo tipo di reperti.
Il progetto di restauro e valorizzazione dei preziosi frammenti tessili, iniziato lo scorso anno, si completa così con l’esposizione nel Museo Antoniano, dove, d’intesa con il direttore Leopoldo Saracini, i frammenti sono stati collocati in una teca, appositamente realizzata dalla ditta Arterìa con caratteristiche tecniche atte a mantenere stabilizzati i tessuti nelle condizioni attuali.
IL PROGETTO - Il progetto è stato promosso dal Lions Club Padova Carraresi per onorare la memoria della socia Gabriella Degan Salvò, che tanto si è spesa a favore della Città di Padova, e ha visto il coinvolgimento della Pontificia Biblioteca Antoniana, sotto la supervisione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. Iniziato dal precedente Collegio di Presidenza della Veneranda Arca, guidato dall’allora Presidente Capo Gianni Berno, ha ricevuto il sostegno della Fondazione dei Club Lions del Distretto 108 Ta3 ed è stato realizzato grazie alla generosità di privati (Nastrificio Victor SPA, Primarete Viaggi e Vacanze, Sette Gioielli, Ersilia Bertazzo, Ivana Zuin e Alfredo Mazzon).
La responsabilità scientifica del progetto è stata condivisa, per le rispettive competenze, tra le professoresse Giovanna Baldissin Molli, del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, e Gabriella Salviulo, del Dipartimento di Geoscienze del medesimo ateneo e Presidente del LC Padova Carraresi per l’anno sociale 2015-2016. Partecipano allo studio dei tessili, ancora in corso, Doretta Davanzo Poli, esperta di tessuti antichi, e la storica padovana Ornella Tommasi. Il restauro è stato effettuato da Anna Passarella.
I REPERTI - Rinvenuti in modo casuale, nel corso degli anni venti del Novecento, durante il rifacimento della Cappella Gattamelata, oggi denominata Cappella del Santissimo Sacramento, i frammenti tessili erano stati messi al sicuro nella Biblioteca Antoniana, ma fino al recente progetto della Veneranda Arca non erano mai stati studiati.
Sotto il profilo dei materiali, i reperti sono composti da circa quaranta frammenti, di diverse qualità tessili:
1) 27 frammenti in seta operata di colore rame e broccature in filato o lamina metallica in argento dorato o oro;
2) galloni realizzati a telaio in seta gialla e filato metallico dorato alto 2 centimetri (i galloni sono cuciti ad alcuni frammenti tessili broccati, lungo i bordi);
3) 3 pezzi di cordoncino a treccia in filato metallico;
4) 4 frammenti di tessuto in lana marrone ad armatura diagonale;
5) 6 frammenti di tela in seta color bronzo.
In alcuni frammenti sono visibili cuciture di giunzione e di arricciatura (forse frammenti di manica, bustino o cuffia), un reperto è tridimensionale. I frammenti a tinta unita appartengono probabilmente alla fodera dei frammenti in seta operata. Tutti i tessili infine presentano contorni molto frastagliati con deformazioni e pieghe secche molto delineate.
LE ANALISI CHIMICO-FISICHE - Prima di iniziare il restauro vero e proprio, i frammenti tessili sono stati oggetto di una campagna fotografica e aspirati tramite microaspiratore ad ago munito di filtro per la raccolta delle polveri, destinate alle analisi chimico fisiche realizzate dal Dipartimento di Geoscienze. I materiali recuperati dai filtri di aspirazione dei tessili sono in corso di studio con le metodologie proprie delle analisi mineralogiche (microscopia ottica, diffrazione dei raggi x su polveri, microscopia elettronica a scansione) al fine di determinarne l'aspetto, la natura, la morfologia e, laddove necessario, la composizione chimica.
LA DATAZIONE CRONOLOGICA - I risultati delle analisi daranno un contributo importante alla comprensione di questi frammenti, che potrebbero essere più antichi della data di costruzione della Cappella Gattamelata. Potrebbero appartenere dunque a vesti che erano conservate e usate nella famiglia da più di una generazione, come normalmente accadeva per gli abiti e, soprattutto, per gli abiti di pregio. Tra le ipotesi di datazione cronologica al vaglio dei ricercatori vi è l’inizio del Quattrocento. Lo confermerebbe la particolare decorazione riportata in evidenza proprio grazie al restauro dei tessuti.
Il reperto tessile di maggiori dimensioni (tecnicamente definibile raso irregolare liseré lanciato) è ottenuto con ordito e trama di seta gialla, e risulta operato, cioè decorato da slegature della trama di fondo e della trama lanciata d’argento dorato lamellare. Tale disegno è costituito da sequenze orizzontali di due esilissimi tralci perlinati disposti a voluta speculare con fior di cardo centrale. I tralci che fuoriescono da un cuoricino sono separati da un minuscolo garofano e concatenati a scacchiera a maglie cuoriformi con rosetta.
Tessuti molto similari dal punto di vista decorativo sono conservati nei più importanti musei tessili europei (Bruxelles, Krefeld, Lione, Castello Sforzesco a Milano, Correr di Venezia) e internazionali (Metropolitan Museum di New York).
Sappiamo che nella cappella furono inumate almeno tre donne appartenenti alla famiglia del condottiero Erasmo Da Narni, detto il Gattamelata: Giacoma da Leonessa, che muore tra l’8 giugno 1465 e il 14 settembre 1466; Caterina, figlia naturale di Giovanni Antonio Gattamelata, e quindi nipote di Giacoma, morta probabilmente di parto alla fine del 1476; e un’altra Giacoma, figlia naturale di Gentile da Leonessa (parente della prima Giacoma) e compagno d’armi di Erasmo, che probabilmente muore nei primi anni del Cinquecento. La possibilità di retrodatare i tessili grazie al particolare motivo decorativo che li caratterizza, potrebbe essere un indizio per credere che essi provengano dalla sepoltura più antica, quella cioè di Giacoma da Leonessa, vedova di Erasmo Da Narni.
IL RESTAURO - Per quanto riguardo l’intervento di restauro, dopo la dettagliata campagna fotografica dello stato di fatto, per poter ridare elasticità alle fibre i tessili, posati su piani rivestiti con melinex e materiale assorbente, sono stati vaporizzati tramite vaporizzatore a ultrasuoni e acqua deionizzata. Questa fase è stata eseguita in un ambiente appositamente predisposto, con tempi variabili secondo la necessità.
I tessili sono stati posati uno a uno con l’interposizione di tessuto non tessuto “Bondina” su un tavolo aspirante. Sempre tramite vaporizzazione le fibre sono state delicatamente stese per ridare la giusta ortogonalità al tessuto.
Durante questa fase con l’ausilio del tavolo aspirante e il tamponamento della superficie, sempre protetta dal tessuto non tessuto, si sono asportate ulteriori tracce di sporco. Terminata la distensione sono stati eseguiti grafici dove indicare punti d’interesse come cuciture, cimose, pieghe di confezionamento, orli e motivo decorativo, da utilizzare per l’ipotesi di ricostruzione dei vari frammenti.
Vista la delicatezza dei frammenti, per la fase di consolidamento si è intervenuto con la tecnica a “sandwich”: il tessuto originale è stato posto tra due veli di crepelina in seta, appositamente tinta in una tonalità simile all’originale con coloranti chimici.
Nel corso del restauro 17 frammenti sono stati ricomposti in un unico grande “pannello” di cm. 115 x 82; altri sono stati consolidati con la medesima tecnica, ma singolarmente, così come un frammento tridimensionale, forse manica dell’abito.
LA STORIA - Sotto il profilo storico è innegabile il notevole interesse che rivestono questi frammenti tessili. Costituiscono infatti l’occasione per riportare l’attenzione sulla Cappella Gattamelata, voluta e fatta decorare da Giacoma da Leonessa, vedova del condottiero Erasmo Da Narni, per seppellirvi il marito e il figlio Giovanni Antonio. Appartengono dunque a un potente clan particolarmente influente nella città e soprattutto nella basilica del Santo, in cui i Gattamelata, a partire dalla metà del Quattrocento, ebbero un ruolo di finanziatori e donatori in diverse iniziative artistiche, intrecciando le vicende della loro famiglia con quelle del santuario antoniano. Le due tombe, rispettivamente sulla parete di sinistra rispetto a chi guarda (il padre) e di destra (il figlio), sono la sola parte superstite quattrocentesca della cappella.
Va inoltre ricordato che i Gattamelata si imparentarono strettamente con i Lion, clan sempre al centro dell’azione politica, militare ed economica di Padova. Questa seconda famiglia era impegnata nel mercato del credito e della finanza, del commercio dei manufatti in lana e in seta, oltre che in quello dei broccati in oro tra Padova, Venezia, Lucca e Firenze. La rete di alleanza familiare stabilita con i matrimoni tra i due clan determinò il radicamento dei membri della famiglia dei Gattamelata - Dalla Leonessa tra i ranghi più alti della élite cittadina.
FOTO da utilizzare con cortese preghiera di citazione dei credit fotografici: foto ©Veneranda Arca di S. Antonio
APPROFONDIMENTI:
Avvio del progetto di restauro (giugno 2016) – Cartella stampa Tombe Gattamelata al Santo: la riscoperta di frammenti tessili del XV e XVI secolo e l’avvio del progetto di restauro dei tessuti con il contributo del Lions Club Padova Carraresi: http://areastampa.messaggerosantantonio.it/content/tombe-gattamelata-al-santo-la-riscoperta-di-frammenti-tessili-del-xv-e-xvi-secolo-e-lavvio-0
Foto dei frammenti prima del restauro (giugno 2016) disponibili sul sito della Veneranda Arca al link: http://www.arcadelsanto.org/ita/pagina.asp?id=118&t=pagine
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