
Messaggero di sant'Antonio | ComunicatoStampa
Ricordando l’Olocausto e gli olocausti nel «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di gennaio 2022
Il reportage tra Texas e Messico seguendo la devozione antoniana, in Guatemala dalla parte dei bambini, Canova in tutto il mondo grazie al web, la cucina italiana tra Germania ed Egitto
In vista della Giornata della Memoria l’edizione italiana del «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero dedica alcuni articoli all’Olocausto del popolo ebreo e ad altri tipi di persecuzioni etniche. In “Doppio salvataggio” Laura Pisanello racconta una storia di salvezza, anzi due tipi di salvezza, avvenuta tra 1942 e ’43. Durante la Seconda guerra mondiale a Nonantola, nella campagna modenese, giunsero 73 ragazzi ebrei arrivati dalla Germania e dai Balcani. Quasi tutti si salvarono dallo sterminio e con loro si sono salvati anche 96 libri, riemersi fortunosamente da una cantina di Modena e da poco restaurati.
Un altro olocausto, quello meno conosciuto degli italiani di Crimea, lo scopriamo nell’articolo di Sara Bavato “L’olocausto sconosciuto”. Partendo dal libro omonimo a cura di Giulia Giacchetti Boico e Giulio Vignoli, con testimonianze dei pochi sopravvissuti, il mensile antoniano racconta la storia della presenza italiana in questa penisola tra il Mar Nero e il Mar d’Azov. Una presenza che ha radici antiche, fin dai tempi dei Romani. Inizialmente non solo tollerata, ma anche incentivata dagli zar per accaparrarsi manodopera specializzata, poi finita in disgrazia sotto il regime bolscevico. Fino al triste epilogo del rastrellamento del gennaio del 1942: la quasi totalità della popolazione di origine italiana venne deportata nei campi di lavoro in Kazakistan e in Siberia, da dove pochi fecero ritorno.
Dal Texas al Messico seguendo misteriosi ed esotici percorsi che collegano il Santo di Padova ai popoli dell’America, lungo le rotte dei missionari francescani. Un viaggio in luoghi e riti che si perdono nel tempo. A farlo Nicola Nicoletti, che sulle colonne della rivista antoniana per gli italiani all’estero, descrive la sua esperienza di viaggio, storia e spiritualità nel reportage “Sant’Antonio delle Americhe”.
In “Canova digitale” Luisa Santinello racconta il progetto della Biblioteca Civica di Bassano del Grappa, nel Vicentino, che ha digitalizzato il Fondo canoviano: oltre seimila manoscritti tra lettere, diari, appunti, diplomi, testimonianze di uno dei principali esponenti del Neoclassicismo, lo scultore Antonio Canova. Un patrimonio storico e culturale che è ora disponibile in tutto il mondo grazie al web.
Settant’anni fa, gran parte della provincia di Rovigo finì sotto le acque del Po. Migliaia di persone persero tutto. Molte emigrarono. Ma i polesani seppero trasformare quella sciagura in un’opportunità di crescita. In “La Grande Alluvione” Alessandro Bettero ripercorre i terribili giorni del novembre 1951, richiamando la mostra dedicata all'evento («70 anni dopo. La Grande alluvione») ospitata a Rovigo fino al 30 gennaio.
Ci porta invece in Guatemala Marinellys Tremamunno con “Mini, dalla parte dei bambini” a conoscere una serie di progetti di solidarietà promossi in loco da un’azienda di famiglia fondata dal friulano Giovanni Mini Bressani, emigrato nel Paese centroamericano nel 1912. Tra questi anche la raccolta fondi per la lotta ai tumori infantili in favore dell’ospedale oncologico di riferimento guatemalteco. Un modo «per restituire al Paese un po’ di quello che ci ha dato», spiega Jorge Mini Townson, nipote di Giovanni, ora a capo dell’attività di famiglia.
In “La scommessa del Cgie” Vittorio Giordano intervista Rocco Di Trolio, unico consigliere del Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero) a rappresentare gli italiani in Canada, dove risiede. Nato nel 1955 a Calabritto, in provincia di Avellino, vive all’estero dal 1974. Già presidente del Comites (Comitato degli italiani all’estero) per diverso tempo, da oltre trent’anni è al servizio dei connazionali dirigendo il Patronato Inca-Cgil.
Dal 2014 Berlino propone la specialità dei «bignè di San Giuseppe». Per molti italiani – soprattutto romani – espatriati nella capitale tedesca, questo significa diminuire la distanza con la propria terra, non in termini di chilometri, ma di sentimenti. Il merito va a Giulio Silveri, 32 anni, pasticcere di Acilia, che nel 2013 ha deciso di trasferirsi in Germania per aprire una propria attività. La sua storia in “Giulio Silveri, il re dei bignè” di Andrea D'Addio.
A partire dagli anni Novanta, una piccola comunità di italiani ha preso casa sul Mar Rosso, nella cittadina di El Gouna, a mezz’ora d’auto da Hurghada. In “Un menù da faraoni” Michela Manente racconta le storie di due famiglie, quella dei coniugi napoletani Riccardo e Patrizia Bulgarelli che in Egitto hanno aperto un ristorante e un caffè, e quella di Angelo Aloe che partito dal sud d’Italia ha avviato una pizzeria e preso in gestione un ristorante sempre sulle rive del Mar Rosso.
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Migranti ai vertici nel dossier del «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di aprile, quando l’affermazione sociale misura integrazione ed emancipazione
Gli italiani di Vancouver, l’azteco piemontese, il sogno di suor Crepaldi in Brasile e altre storie di connazionali emigrati
È possibile, molto difficile o impossibile raggiungere i vertici della politica, dell’economia, dell’impresa, così come della ricerca scientifica, dell’istruzione, dello sport in un Paese di cui non si è nativi, ma nel quale si è immigrati o figli di immigrati? Esempi come l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, l’attuale vicepresidente americana Kamala Harris, il sindaco di Londra Sadiq Khan, l’ex presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, o ancora Sergio Marchionne (figlio di emigrati in Canada), o le dinastie di costruttori di origine italiana Grollo in Australia e Pallaro in Argentina, tutti discendenti di immigrati, sono segni dei tempi oppure solo delle eccezioni? Le domande non sono peregrine poiché dalla risposta si può capire quanto una nazione sia permeabile al cambiamento, all’inclusione, alla valorizzazione delle risorse umane che compongono il suo mosaico sociale. L’approfondito dossier “Le ragioni del riscatto” di Alessandro Bettero analizza a 360° il fenomeno dei cittadini stranieri che, indipendentemente dall’origine anagrafica o dall’appartenenza etnica o religiosa, sono arrivati ai vertici, non solo della politica, ma anche del business, della cultura, delle arti, nei rispettivi Paesi di nascita o di radicamento.
A Perth, sulla costa occidentale australiana, sono moltissime le associazioni culturali nate da emigranti italiani: dalla Siciliani Association of WA di Sterling al Laguna Veneto Social and Bocce Club, dalla Tuscany Association WA all’Abruzzo & Molise Sporting Club di Wattle Grove. E l’associazionismo italiano è stato il motore di Colours of Italy, uno degli eventi di maggior successo della comunità italiana di Perth negli ultimi anni: un festival all’aperto che ha tinto di verde, bianco e rosso una delle capitali più isolate del mondo. Ne scrive Sara Bavato in “Perth l'italiana”.
Gli italo-canadesi della Provincia della British Columbia sono concentrati soprattutto a Vancouver, la terza area metropolitana del Canada, con circa 2,5 milioni di abitanti. Oggi gli italiani iscritti all’Aire presso il Consolato Generale d’Italia a Vancouver (che include anche le Province dell’Alberta, del Saskatchewan e dello Yukon) sono quasi 34 mila, ma quelli di origine italiana sono circa 160 mila. Nell’articolo “British Columbia tricolore” Vittorio Giordano racconta la presenza dei nostri connazionali in quell’area del Canada.
In Italia aveva studiato psicologia, ma dopo la laurea, nel 2004, decise di volare in Messico in cerca di esperienze stimolanti, scoprendo un continente nuovo. Da allora Franco Grasso, o come preferisce farsi chiamare, Frank Gras, non si è ancora stancato di viaggiare. Lasciate le aguzze cime del suo Piemonte, Frank in Messico ha conosciuto alture e vulcani che ha scalato, organizzando corsi per arrampicarsi in sicurezza, diventando manager, istruttore e divulgatore. Ce lo fa conoscere Nicola Nicoletti in “L’azteco piemontese”.
Marinellys Tremamunno con “Il sogno di suor Crepaldi” ci porta in Brasile per scoprire l’attività quasi trentennale dell’Associazione Ponte «Brasil Italia», fondata nel 1992, da suor Maria Crepaldi, una religiosa di origine italiana della Congregazione dell’Assunzione, che ha seminato amore nel quartiere di Vila Dalva a Rio Pequeno, una favela di San Paolo. Oggi suor Crepaldi non c’è più, ma rimane la sua opera: a favore di famiglie svantaggiate della zona.
Il sogno di lavorare negli Stati Uniti ha spinto Stella Musi, nata a San Daniele del Friuli nel 1989, ad attraversare l’Atlantico per raggiungere la costa della California e diventare un’affermata professionista nel campo del design. Ed è sempre il sogno il carburante che alimenta quotidianamente l’impegno di questa giovane italiana, da alcuni anni a Los Angeles, che come tanti altri nostri connazionali, è finita nella nuova diaspora dell’emigrazione italiana. La intervista Laura Napoletano in “Stella conquista gli Angeli”.
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La maratona di New York vista con gli occhi e le scarpe del nostro corrispondente, canti e ballate folk italiani in Chiapas e un’archeologa-scrittrice palermitana a Parigi
Sono alcune delle storie dei nostri emigrati nel «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di novembre
La maratona che si correrà domenica nella Grande Mela sarà, come ogni anno dal 1970, una grande festa di strada, in cui residenti e podisti si riappropriano della città. E quest’anno avrà un significato ancor più particolare dopo l’attentato del 31 ottobre. In “New York, la mia maratona”, Vincenzo Pascale, una delle penne dell’edizione per l’estero del «Messaggero di sant’Antonio», racconta la “propria” corsa: quest’anno infatti il nostro corrispondente “festeggia” la sua decima partecipazione alla celebre kermesse che conta oltre 50 mila partecipanti da 90 nazioni (circa 3mila iscritti italiani), 250 mila richieste di iscrizione, almeno 3 milioni di spettatori. Una maratona, quella di Pascale, all’insegna di una causa sociale: la disabilità.
“Dalla parte di Manuela”, a firma di Nicoletta Masetto, ci fa conoscere Manuela Diliberto, palermitana di nascita, bolognese d’adozione e ora emigrata a Parigi. Archeologa e scrittrice, la donna, sorella di Pierfrancesco, in arte Pif, dalla capitale francese parla del suo ultimo romanzo, L’oscura allegrezza, ma anche del suo sguardo disincantato sull’Italia. Ambientato nel 1911, il libro offre uno scorcio storico dell’Italia ante Prima Guerra mondiale (all’epoca alle prese con crisi economica, nascita di populismi e nazionalismi, problemi di genere, sfiducia nella classe dirigente) che appare oggi di incredibile attualità. «La realtà di allora non è così diversa – racconta Manuela –. Anche oggi molte situazioni impongono una presa di coscienza, scegliendo la “parte giusta” dove stare».
Note di Pizzica o di Ciaramella nel Chiapas, nel Messico del sud? Non è un miraggio: Nicola Nicoletti, corrispondente dal Paese dell’America Latina, nel suo “Tarantelle senza frontiere”, ci racconta del musicista salentino Carlo Massarelli, trapiantato in Messico e fondatore, con altri artisti europei emigrati in Messico, di Tarantella sin fronteras, gruppo amatissimo dagli abitanti del Chiapas. Un innesto riuscitissimo che esporta oltre oceano non solo le atmosfere folk pugliesi e campane, ma anche canti dialettali e romantiche ballate piemontesi di origine contadina.

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Dal muro tra Stati Uniti e Messico al sosia abruzzese di Chaplin che affiancò l’attore nei suoi film
Sono alcune delle storie dei nostri emigrati nel «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di maggio
Si parla di un grande tema di attualità nel «Messaggero di sant’Antonio» per l’estero di maggio. Si tratta del muro tra Stati Uniti e Messico, che «di fatto già esiste». Parola di Paolo Mastrolilli, inviato del quotidiano «La Stampa» negli Usa, intervistato da Vincenzo Pascale in “Il muro dell’egoismo”. Mastrolilli ha visitato a lungo il confine tra i due Paesi e racconta al mensile francescano chi sono coloro che tentano di entrare negli States, qual è la situazione lungo il muro, quali potrebbero essere le ricadute a lungo termine delle scelte di Donald Trump, come un controllo politico, più che demografico, dei nuovi immigrati.
“L’ombra di Chaplin”, a firma di Generoso D’Agnese, ricorda la figura di Vincenzo Pelliccione, sosia di Charlot e ingaggiato dagli Studios di Hollywood come controfigura dell’attore nei suoi film, dal Grande dittatore a Tempi moderni, e per i lanci pubblicitari. Abruzzese emigrato negli States agli inizi del Novecento, Pelliccione si dedicò in seguito alla scenografia e agli effetti speciali, lavorando anche a Cinecittà.
Sara Bavato in “Quattro anni di Nomit”, la rete culturale e di servizio che informa e sostiene gli italiani che vivono in Australia, fa il punto del network nato a Melbourne quattro anni or sono dall’intuizione di sei giovani italiani. Da allora l’associazione è cresciuta e continua a offrire servizi per l’inserimento dei nuovi arrivati, anche con sportelli innovativi, come un help desk psicologico e seminari con una career coach.
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